La Spezia, 4 agosto 2019 - articolo di Silvano Benedetti su La Nazione
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LA costruzione dell’Arsenale, iniziata il 14 aprile 1862, ebbe un impatto socio-culturale vasto e rapidissimo in un’area ancora rurale che in pochi anni passò da zappa, mulini ad acqua e telai a mano direttamente alla draga a vapore, con un enorme impatto emotivo ma anche ambientale e sociale: l’arsenale occupava un’area dieci volte superiore a quella dell’abitato, tutta la piana di San Vito tra i borghi di Spezia, Rebocco e Marola.
L’unico settore economico che ne risentì negativamente fu il turismo: il panorama che si presentava al visitatore non era più quello del piccolo tranquillo borgo di mare con sullo sfondo un golfo incontaminato, ma quello di un immenso cantiere militare in pianura e in collina che imponeva una serie di scoraggianti divieti e restrizioni. Ma, mentre nel resto d’Italia si viveva un’emigrazione epocale verso le Americhe e il nord Europa, Spezia dal 1862 divenne la nuova frontiera, il far west italiano, con un incremento della popolazione paragonabile per rapidità solo alle città del Nuovo Mondo e che addirittura costrinse le autorità a ridurre gli afflussi dalle valli vicine, Lunigiana e Garfagnana in testa, la cui popolazione più giovane, per la forte incertezza economica, si trasferiva in massa nel golfo.
IL COMUNE crebbe di pari passo con l’Arsenale, passando in soli venti anni dagli 11.000 abitanti del 1861 ai 31.000 del 1881 e continuò a crescere allo stesso ritmo per molti decenni ancora; seguì uno sviluppo repentino dell’agglomerato urbano che provocò non pochi disagi sociali e sanitari. Una crescita simile toccò anche gli altri paesi del golfo, segno che l’arsenale aveva modificato le prospettive economiche in tutta l’area. Il piano di sviluppo iniziato da Domenico Chiodo, e sviluppato dopo la sua morte da Marina e Comune insieme, era poderoso e andava a colmare secoli di immobilismo: collegamento ferroviario con Genova, regimazione delle acque, quartieri residenziali e popolari, un poderoso sistema di fortificazioni con vie di accesso rotabili, area artigianale e industriale per piccole imprese, costruzioni edili, cantieristica navale, porto mercantile.
Un polo militare-industriale stava sorgendo dal nulla a opera della Stato e tutte le grosse iniziative, seppur in mano statale o straniera, assorbirono la poca forza lavoro disponibile sul posto e ne richiamarono in massa dall’esterno, lasciando piccoli spazi al privato; questo provocò un torpore dell’iniziativa privata locale che, malgrado le conoscenze tecniche, non riuscì mai a svilupparsi adeguatamente, forse anche conseguenza di una disillusa cultura rurale propensa al salario fisso dopo le delusioni patite nei secoli precedenti.
Nella seconda metà del secolo il neonato commercio trasformò la città in un centro vivace ma senza una corrispondente diffusione della ricchezza perché la popolazione era costituita in stragrande maggioranza da operai con bassi salari che soffrirono l’aumento del costo della vita.
La realizzazione dell’Arsenale e delle fortificazioni fece sì da innesco alla nascita di una miriade di piccole imprese, ma queste rimasero sempre dipendenti dagli appalti pubblici e non raggiunsero mai dimensioni importanti. Si creò una larga classe operaia, proveniente prevalentemente dalle vallate vicine e dal sud Italia, che guardava a questa nuova realtà con grandi speranze.
I TEMPI di costruzione furono molto serrati, direi oggi utopistici: nel 1869 l’inaugurazione dell’arsenale, nel 1885 il completamento delle 42 fortificazioni, delle mura cittadine e la diga foranea subacquea, che consentì l’ampliamento del porto commerciale, destinato a offrire lavoro a coloro che al termine delle grandi opere pubbliche militari non avrebbero avuto futuro.
I giornali nazionali parlavano spesso della Spezia e nell’immaginario collettivo era un sogno che si avverava: il riscatto del Bel Paese, per secoli colonizzato e ridicolizzato dalle potenze straniere! La produzione di navi da guerra, prima in Arsenale e poi nei cantieri navali civili, iniziò subito febbrile e già alla fine del secolo la Marina italiana si trovò in posizione di eccellenza in ambito europeo, quasi al pari di quella francese.
La cittadina aveva perso completamente il suo carattere paesano e la gente assunse l’atteggiamento caustico e disilluso che ancora la contraddistingue. Come ogni città di mare, Spezia aveva spiagge, passeggiata e il mare era parte integrante del paesaggio e della vita; con l’ampliamento del porto e l’arrivo delle grandi industrie questi spazi sparirono uno dopo l’altro ed oggi rimangono un ricordo sbiadito su fotografie in bianco e nero.
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