20anni… sembra ieri
Lerici, 9 marzo 2013
Son passati da pochi giorni i 20 anni dalla tua scomparsa, sembra ieri, forse perchè il tuo ricordo sopravvive grazie ai tuoi cari che hanno continuato a ricordarti con il Trofeo a te dedicato.
Vejo, Claudio, Davide, Matteo e Francesco una generazione di velisti, i Sampiero, che hanno fatto, stanno facendo e faranno la storia della vela lericina.
Ti vogliamo ricordare così, con poche parole, come quelle che dicevi tu, perchè a te bastava uno sguardo ed io me lo ricordo ancora, come ricordo la tua pelle bruciata dal sole, la tua camicia sbottonata ed il tuo sorriso burbero.
Non sono parole di circostanza come non è stata di circostanza la vittoria che oggi Davide ti ha voluto dedicare. Non una vittoria come tante, ma una vittoria per te, Vejo, che chissà quante regate starai vincendo dove ti trovi ora.
…e allora Buon Vento,
Attilio
Riportiamo il Ricordo di un villeggiante, il Colonnello Paolo Angioni, olimpionico di Equitazione alle Olimpiadi di Roma del 1960, ricordo che riportiamo parzialmente (la versione integrale la potete trovare qui su facebook).
« ****omissis*** Allora c’erano solo le barche dei pescatori, qualche peschereccio e lo star di Veio (in realtà del Club) bellissimo. ****omissis*** Veio Sampiero era un bel ragazzo, simpatico, che avrà avuto una trentina d’anni. Era il presidente dello “Sport Club Lerici”, non so se la dizione è esatta, di cui ho ancora la tessera di socio onorario. Era fidanzato con Ida, una distinta signorina per bene che abitava nel palazzo nuovo sulla destra nello stradone che sale alla chiesa di S.Francesco. Veio faceva l’elettricista a bordo e ad Agosto prendeva le sue ferie. Arrivava al Molo verso le 12 e noi ragazzini, Nenè, Stefano Varese, io ed i figli dei pescatori lo circondavamo gridando “Punt e Mes”. Il Punt e Mes era il tuffo carpiato con rincorsa e Veio ci dava il voto, senza premio. Ci bastava il voto. Con Veio, mio fratello ed io, la mattina, armavamo lo star, che allora era la più bella e veloce barca a vela (ci piaceva tanto armare lo star, ci sentivamo importanti) e andavamo alla diga a prendere muscoli e datteri. Ci tuffavamo (senza maschera, mai posseduta una maschera) e con il coltello che Veio ci aveva dato raccoglievamo le cozze. I datteri erano difficili da prendere perché rientravano subito nel buco scavato nello scoglio. Con qualcuno più lento riuscivamo. Alle due eravamo al Molo e poco dopo a casa. Mamma ci attendeva per fare la zuppa di cozze con il pane abbrustolito. Nel ’96, mi pare, sono stato in giornata a Lerici e sono andato alla piazzetta del Castello (tutte la case ristrutturate dai Milanesi), ho cercato un po’ di gente. Tutti morti. Sono andato in chiesa, ho domandato alle donne e agli uomini più anziani e qualche notizia l’ho avuta. Cercherò di fare uno sforzo e mettere assieme altri ricordi .»
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