Diamo a Cesare quel che è di Cesare
Le Grazie, 14 marzo 2017
Ne avevamo dato notizia poche ore dopo che era successo, era il 28 ottobre 2016.
Tramite Facebook ci giunge l’attesa notizia che l’amico Cesare Cortale ha conseguito proprio oggi la qualifica di “MASTRO D’ASCIA” presso la Capitaneria di Porto di Salerno.
…e chiudevamo l’articolo con:
La butto lì… ma ora che abbiamo un giovane Maestro spezzino, perchè non pensare a un progetto di preparazione e qualifica che coinvolga i ragazzi diplomati spezzini che si affacciano al mondo del lavoro? Chissà?…
Ebbene, grazie al noto giornalista Corrado Ricci, fra qualche giorno avremo il piacere di festeggiare Cesare a Le Grazie di Porto Venere dove ci sarà il conferimento ufficiale del titolo di MASTRO D’ASCIA consegnato dal Comandante della Capitaneria di Porto della Spezia Francesco Tomas.
Cosa dire di più, ancora complimenti e ci vediamo TUTTI a Le Grazie il 19 Marzo, San Giuseppe, Patrono dei lavoratori.
Articolo di Fabio Pozzo - La Stampa - Pubblicato il 26/11/2016
Il sogno dopo il licenziamento: la “patente” di maestro d’ascia
Cesare Cortale, 29 anni, ha conseguito il titolo dopo tre anni di apprendistato nel regno delle barche in legno in Campania. “Ora vorrei aprire un cantiere in Liguria”. Il ritorno di un mestiere antico
“La barca sposa il mare. Nasce dal legno e per questo è viva e dà vita”. Questo pensiero non è suo, è di un anziano mastro d’ascia campano, ma Cesare Cortale lo custodisce tra le sue memorie più care. È l’antico sapere, l’anima di un mestiere che stava scomparendo e che forse sta tornando, anche grazie a lui.
La patente di maestro
Cesare ha 29 anni e ha appena conseguito la licenza di maestro d’ascia. Un titolo che è il culmine di un percorso quasi iniziatico, che si perde nella storia. Un apprendistato fatto di gesti, calcoli, detti, segni propizi che vanno a permeare di empirismo una scienza esatta, quella delle costruzioni navali. È un evento che un giovane consegua questa “patente”. L’avvento della vetroresina m ha reciso di netto il mondo del legno sul mare (alle Grazie un maestro d’ascia, ha smesso polemicamente di esercitare quando ha preso il largo la plastica, tanto che è conosciuto come “Protesta”), ha chiuso un’era ultramillenaria in poche decadi. E gli artisti delle ordinate, bagli e fasciame hanno cominciato a sbiadire. Restano per un pugno di appassionati.
La storia di Cortale, dunque. «Sono spezzino, da padre calabrese in Marina e madre pugliese. Mi sono diplomato al Liceo Scientifico, ho deciso di non proseguire negli studi dopo un anno sabbatico speso tra varie facoltà universitarie come osservatore. Cercavo di capire cosa avrei potuto fare. Poi ho cominciato a lavorare in un’azienda di carpenteria, la Carpen, dove ho conseguito la qualifica di allestitore navale. Lavoravamo per grandi cantieri, dalla Fincantieri alla Sanlorenzo. Nel 2009, però, è cambiato tutto. Il settore è entrato in crisi, io sono stato licenziato».
Il battesimo del Lazzaro
Comincia da qui, da un abisso, la magia. Cesare conosce un ingegnere genovese in pensione, che si era messo in testa di riesumare un vecchio gozzo in legno armato a vela latina, il Lazzaro. «Mi ha chiesto se gli potevo dare una mano e per me è stato come un colpo di fulmine. Mi sono appassionato al legno, alla vela». In mare, ad una regata di vecchi legni, un altro incontro, con un architetto di Torino, docente del Politecnico, che ha tre barche e decide di sistemarne una. Ci pensa Cesare. “Vai al Sud, ad imparare”, il consiglio dell’architetto. Il maestro dei maestri si chiama Nino Aprea, con lui comincia l’iniziazione vera. «Sto nel suo cantiere due settimane, alla fine mi dice che avevo lavorato bene e che magari in futuro avremmo potuto fare qualcosa insieme».
La nuova famiglia
Il docente del Politecnico, sempre lui, affida ad Aprea una sua seconda barca da rimettere in sesto, il maestro dei maestri non ha tempo e propone a Cesare di entrare in campo. Succede qualcosa, perché finita questa lancia di cinque metri Nino gli consiglia di proseguire e di diventare maestro d’ascia. Non è una passeggiata. È richiesto un apprendistato di 36 mesi, previa iscrizione nel registro degli allievi di costruzioni navali, quindi un esame presso una specifica Capitaneria di porto. Nel caso di Cesare, quella di Salerno. Dopo tre anni spesi tra gli scali di Baia e quelli di Marina di Pisciotta, in quest’ultimo caso di Giovanni Cammarano, che diventano la sua famiglia.
«L’esame l’ho superato, sono diventato maestro d’ascia», dice con orgoglio Cesare, che ora resterà fino a giugno a lavorare da Giovanni. «Volevamo fare qualcosa insieme, per suggellare il cammino compiuto. Stiamo costruendo un gozzo di 8 metri». Ridanno vita, insieme.
“Voglio tornare in Liguria”
Il domani è ancora alla Spezia, in un golfo che ha tenuto a battesimo tante imbarcazioni in legno e dove la loro epopea è più di un ricordo (a rinnovarla anche iniziative come il “cantiere della memoria” di Corrado Ricci, nel borgo delle Grazie, con un’esposizione permanente degli antichi attrezzi di mastri e calafati provenienti dalle collezioni di Pietro e Dante Ricci, ma anche spazio per le storie di mare). «Ho visto un cantiere-museo in Francia, aperto da alcuni giovani in un ex sito industriale, tipo l’Arsenale spezzino. Ecco, mi piacerebbe fare qualcosa di simile. Recuperare vecchie barche, costruirne di nuove, ma anche trasmettere questa tradizione». Nel dirlo, a Cesare brillano gli occhi. Passione. Lo stesso luccichio che ammanta lo sguardo di Nino Aprea, del padre Cataldo, di Giovanni Cammarano…