2021, articolo di Giorgio Balestrero
In occasione del raduno A.I.V.E. “Vele d’Epoca nel Golfo”, realizzato felicemente a Le Grazie di Porto Venere, il 6/7 giugno di quest’anno, Paolo Maccione, lo storico addetto stampa dell’A.I.V.E., mi ha passata una notizia, insieme felice e triste, che mi induce a narrare una storia d’amore a lungo e molto intensamente vissuta, che riassumerò cercando di essere il più possibile sintetico… per evitare di scrivere un vero e proprio romanzo…
Arcangelo è un 6 mt. Stazza Internazionale, progettato da Gustaf Estlander, (1876-1930) noto architetto finlandese, costruito nel 1923 nel suo cantiere, Pabst Werft, a Koepenik, sul lago vicino a Berlino.
Lungo 11,40 metri, largo 1,98, albero di 12,50, bordo libero di 45 cm.
Estlander progettava anche gli Skerry, una formula in voga nei paesi scandinavi, antagonista alla Stazza Internazionale, formula che divideva i gruppi in base alla superficie velica e poco altro, risultandone scafi lunghi e relativamente poco invelati.
Ne abbiamo un bellissimo esemplare di oltre 15 metri, da poco presente ed ammirato nelle nostre regate, Gazell, un progetto di Tore Holm del 1935.
Forse a causa di questa influenza, Arcangelo privilegia lunghezza e basso bordo libero, a scapito delle altre misure, risultando molto simile ad un J Class in formato ridotto.
In un bel fine settimana di primavera del 1971, mia moglie Gabriella ed io, ci recammo a Portofino, entrambi con una inconfessata speranza nel cuore …
Ci inoltrammo lungo il molo dell’incantevole borgo e giunti in fondo, proprio sotto il castello, scoprimmo un lungo scafo addossato al muro, posto sulla sella, a prua in giù…
Una prua lunga, slanciata, che gradatamente evolveva in una curva armoniosa… una poppa egualmente elegante… una visione irresistibile di bellezza… un colpo di fulmine per entrambi.
Tornammo in paese da un broker, si chiamava Carbone, simpatica persona e chiedemmo, ansiosi, se vi fossero barche in vendita.
Si, rispose, c’è un Brigand, anche uno Ziggurat… buone occasioni.
Timidamente azzardammo… e quella barca in fondo alla passeggiata…?
Ma quella è una barca da regata, rispose, non l’ho proposta perché è molto impegnativa, però… si, …è in vendita.
La tentazione era irresistibile, detto fatto, contattato il proprietario, combinammo l’acquisto e dopo un mese la trasferimmo alla Spezia, con l’aiuto di amici velisti.
Dai pochi documenti disponibili e da quanto riferito, risultava presente in Italia da prima della guerra, col nome Corona, rinvenuto nel 1945 in quel di Anzio, ritratto in fotografia nel libro “La Vela“ di Manlio Guberti Helfrich, edizioni Hoepli 1958, poi transitato da Livorno, dove nel 1965 l’armatore di turno, lo fece motorizzare, munire di una piccola tuga e stazzare RORC ( ITA 4530 ), per finalmente approdare nel Tigullio, in possesso di un architetto (ben noto ai media) immatricolato 2 GE 2139 D.
Molti anni dopo, Luigi Lang, (Segretario Generale A.I.V.E.) mi comunicò che il nome originale forse era Zhefir, come risulterebbe da un libro sulla classe 6 Mt, (che li elenca tutti) già in mio possesso, poi donato alla biblioteca AIVE e che non mi sento di andare a consultare per fare a mia volta qualche confronto e dove evidentemente non era menzionato come Carramba.
Nel libro è raffigurato a secco di vele, sul lago, un 6 mt identico ad Arcangelo, sicuramente realizzato sullo stesso progetto.
Vi sono altre notizie da prendere, però con beneficio d’inventario. Un titolo di campione d’Europa negli anni venti, il nome Corona, relativo al suo possesso da parte di un membro di casa Savoia e la presenza durante la guerra ad Anzio, a disposizione dello Stato Maggiore del Maresciallo Kesserling…
Queste le notizie in mio possesso, ma recentemente su Internet ne sono apparse altre, con alcune immagini del passato e del presente, (recuperate dall’agenzia Broker ZacBoat) assai dettagliate sul periodo iniziale baltico e fino al 1971, pure se non del tutto coincidenti, che però non trattano, il lungo periodo che vado a descrivere.
Che una simile perfetta bellezza si chiamasse Carramba, era francamente intollerabile e nonostante la tradizione suggerisca di non cambiare il nome a scanso di sventure, …giocando su quello di mia moglie concordammo di chiamarlo Arcangelo… che, come tale ci appariva.
Non era ancora esplosa la stagione delle barche d’epoca, che inizia nel 1982 per merito dell’l’A.I.V.E. e nell’ambiente velico locale, cui ci rivolgevamo per consigli, come di fronte ad oracoli, eravamo considerati degli sprovveduti.
Dovevate comprare uno Sciacchetrà, dove volete andare con quel boma e con quell’armo ….
Risultato; tagliammo un metro di boma, riducemmo la randa, privilegiando la vela di prua ed il risultato fu che nelle prime regate alle quali ci azzardammo, le prendevamo di santa ragione.
La barca aveva un motore piuttosto pesante e 100 Kg di piombo erano stati tolti dalla deriva pregiudicandone il potere raddrizzante e di bolina con vento sopra gli otto nodi essa metteva il bordo sottacqua e si fermava.
Dopo un periodo di apprendistato, imparammo a condurla anche da soli, tirando bordi indimenticabili nel canale di Porto Venere ed in regata si alternarono timonieri ed equipaggi man mano sempre più disponibili, esperti ed in grado di interpretarne pregi e difetti.
Un indispensabile Giorgio Baratto, (purtroppo non più tra noi), tuttofare e gran marinaio, ne assicurava l’efficienza, sia nel diporto che in regata.
Manutenzione, elica orientabile e qualche modifica presso i ben noti Cantieri Beconcini, ne migliorarono le prestazioni.
Partecipavamo a moltissime regate locali con alterne, ma crescenti fortune.
Alla Fiorillo del 1972 (Marina di Carrara, isola del Tino e ritorno), vincemmo la classe libera, terzi assoluti tra i cabinati, con dietro anche molti Soling ed F.D, con al timone Roberto Cecconi (timoniere dell’Orca di Raul Gardini) e…. per qualche giorno veleggiammo a due metri dal suolo…
Ci ripetemmo alla successiva regata della Forza e Coraggio e tante altre volte negli anni seguenti.
Vale la pena citare il “Primo Campionato Invernale” del 1977, evento che coinvolgeva i Circoli Velici in una serie di regate tra febbraio e maggio, con poco meno di un centinaio di partecipanti divisi in otto gruppi.
Vincemmo tre prove, una di queste in assoluto, che merita di essere ricordata.
Questa, era organizzata dal Club Nautico Marina di Carrara, date le inquietanti previsioni meteo quasi tutte imbarcazioni spezzine erano già sul posto.
Vi fummo trasferiti il giorno della regata, su un pullman messo a disposizione dalla M.M., sotto una pioggia battente che non prometteva niente di buono ed in una livida mattina, con mare lungo e vento da libeccio ci avviammo verso il Tino, navigando con difficoltà nelle ultime posizioni.
Girata finalmente l’isola, ci si presentò con insperata sorpresa l’intera flotta ferma in calma di vento e forti del notevole abbrivo, scapolato il ridosso, fummo tra i primi a sfruttare il libeccio che aveva ripreso a soffiare e con vento a giardinetto, onda portante, complice il mal di mare che aveva messo a pagliolo parte degli equipaggi avversari, assumemmo il comando della regata, assieme a Dulcidù di Giorgio Musso, Fuga di Giorgio Vanelo e Niova dei fratelli Portunato, risultando primi assoluti in tempo compensato.
La stampa lo descrisse con appellativi quali “vecchia Bugatti del mare” o “barca più bagnata della flotta”.
Al timone avevamo Franco Vincenzo (derive S) ed a prua un Giorgio Baratto determinante.
Al termine di quel memorabile primo Campionato Invernale, fummo primi di gruppo e dodicesimi assoluti.
Piccola curiosità : nell’estate del 1980 mia moglie ospitò a bordo per una veleggiata pomeridiana Agostino Straulino ed Arcangelo ebbe così la ventura di aver avuto al timone anche quel grande velista.
In un successivo Campionato Invernale, dicembre 1982, prova con vento da libeccio in aumento e mare formato, incredibilmente primi in reale, in prossimità della boa radarabile, su un colpo di mare, disalberammo.
Per mettere la barca in stazza, era stato allungato l’albero di 20 cm. con una palella a fetta di salame, senza incastro e forse con incollaggio carente.
L’albero aveva perforato il ponte, fuoriuscendo dal lato dritto, mancando per un pelo il prodiere.
Superato il momento di panico, mentre la flotta ci sfilava accanto, su ordine di Gabriella, armatore (sic) della barca, procedemmo affannosamente a disconnettere sartie e volanti, mentre le onde cominciavano a frangere, buttando tutto a mare, albero, boma e vele, … il moncone infisso nel fianco a malapena trattenendo l’entrata di troppa acqua.
Sogno Bagnato, il racer sempre vincente di Giorgio Vanelo, che per fortuna era casualmente dietro di noi, ammainò, ci confortò con la sua presenza girandoci intorno e mentre il mare continuava a crescere ci rimorchiò a salvamento.
Traversammo il percorso della regata, che da Lerici risaliva verso Porto Venere e passandoci accanto, l’equipaggio di Ojalà, lo splendido yacht, che tuttora partecipa sia in classe Orc che tra le Vele d’Epoca, si schierò per renderci il saluto…. due bei gesti da ricordare.
In seguito, rifatta l’alberatura, (purtroppo con albero metallico) Arcangelo fu oggetto di un completo refitting presso i Cantieri Beconcini, con la consulenza dell’Ing. Luca Taddei, progettista affermato e buon timoniere, diventando ancora più armonioso, in virtù di una tuga abbassata e rastremata, con motore nuovo e più leggero, elica orientabile e riprese la partecipazione alle regate con maggiore lena.
Poiché nelle tante regate alle quali partecipava, doveva misurarsi contro barche moderne e seguire le regole vigenti, fummo costretti a munirlo di pulpito, pozzetto stagno ed attrezzatura di coperta che lo penalizzarono non poco (assieme a tuga, motore ed albero), nel rating CIM per le vele d’epoca, sotto il profilo dell’omogeneità.
Nell’84 si svolse alla Spezia il Campionato Italiano giornalisti e Maurizio Naldini de La Nazione ebbe in sorte di timonarlo, giungendo secondo.
Sul giornale scrisse un lungo bellissimo articolo, del quale voglio citare solo alcune espressioni:
Con bravi timonieri che volentieri si offrivano, Antonio Clerici, i fratelli Attilio e Nanni Perino, Dani Colapietro, si ottennero buoni risultati negli anni a seguire, con puntate anche a Portofino per il Trofeo Zegna, dove le sue prestazioni passarono inosservate, non avendo ancora recepito, i media, l’interesse crescente che le barche d’epoca stavano suscitando.
Nella Lei e Lui, regata indetta dalla LNI spezzina, una classica che si tiene tuttora, sia Gabriella, che Patricia (la compagna inglese di Giorgio Baratto) attente timoniere, ottennero negli anni, numerose vittorie.
I continui violenti litigi, con feroci polemiche anche a mezzo stampa, che si erano seguiti nel corso degli anni a causa dei rating fatti in casa, indussero nel 1988 la L.N.I. della quale ero presidente, ad adottare per le regate da lei indette, la stazza IOR (promossa dalla la F.I.V.) e nello stesso tempo lanciare un nuovo metodo di abbuoni per le imbarcazioni non stazzate, aggiornato regata per regata, il Sistema TuttiaVela, che non dette più luogo a contestazioni e divenne d’uso generale nel Golfo fino a pochi anni or sono.
Per dare l’esempio, Arcangelo fu stazzato, risultando un IV classe IOR e la Regata di San Giuseppe, fu disputata applicando per la prima volta nel Golfo i due regolamenti.
La vinse con al timone mio figlio Matteo, quindicenne, attivo nelle derive Europa, precedendo i racer della M.M. Polluce e Altair e nella successiva prima edizione del Trofeo Mariperman, organizzato per onorare il Centenario di quell’Ente, evento destinato a durare fino ai giorni nostri (siamo alla 33-a edizione), Arcangelo si impose nuovamente, con al timone un aggressivo Attilio Cozzani, a precedere Polluce, Aldebaran e altre barche performanti, in confronti molto accesi…
L’anno successivo 1989, la Marina Militare, assieme all’A.I.V.E. organizzò l’indimenticabile spettacolare raduno per Vele d’Epoca “ Trofeo Alto Tirreno “ , con quasi 100 partecipanti ed Arcangelo, con Matteo al timone , che il giorno della premiazione compiva 16 anni, vinse alla grande il più numeroso dei tre gruppi, quello Grigio.
Qui di seguito citerò solo i risultati più significativi.
Nel ’90 al Trofeo Mariperman fu secondo di classe.
Nel ’91 nello Zegna a Portofino, stazzato con la nuova formula IMS, si affermò primo in classe D in una regata disputata con vento forte e mare.
Nel ’93, si impose al “Quarantennale del Circolo Erix”, presenti forti avversari, timoniere Luca Taddei.
Nel ’94 partecipò, con previsioni di tempo assicurate, alla Durand de La Penne, con l’affermato pittore Sergio Tedoldi, estroso timoniere, Giorgio Baratto ed un altro temerario, Paolo Fardin.
Durante la notte il tempo andò peggiorando ed io che ero sulla nave appoggio, passai molte ore in grande agitazione, sino a quando, di prima mattina, dalla linea d’arrivo, potei riconoscerlo all’orizzonte, sbandato da far paura, come al solito, con vento forte…
Si classificò secondo tra le Epoca, preceduto da Bruma, una solida barca in ferro, condotta da Fabio Vespa, velista Cap Hornier.
Dopo quell’esperienza, A.I.V.E. decise che sarebbe stato saggio non far gareggiare i metrici in altura.
A fine stagione, trasferito in solitario al Raduno di Imperia da Giorgio Baratto, prese parte con Matteo ed un equipaggio di giovani amici del Circolo Velico, alla classe riservata ai Metrici sia d’epoca che classici, confrontandosi con un bel numero 5.50 ed 8 mt. S.I.
Il campo di regata consisteva in un grande triangolo, da compiere due volte, col lato lungo posto al largo.
Arcangelo effettuò il primo giro in testa, ma il vento, dapprima moderato, prese a rinforzare toccando prima 15, per salire poi a 20 e più nodi.
Nel secondo lato in poppa sotto spy, raggiunsero la velocità limite, con la prua che tendeva paurosamente ad infilarsi ed il pericolo incombente di una rovinosa straorza, che il timoniere seppe evitare, ma nell’ultima bolina, non fu possibile reggere la rimonta di un 5,5, classe che la formula rende assai più marina e conclusero secondi, completamente coperti di sale per le incappellate e gli spruzzi …
A fine regata, i coniugi Novi, armatori di Chaplin, che li avevano avuti a lungo sulla poppa, furono larghi di lodi nei loro confronti.
Nel su citato inserto di Internet, vi è una foto molto esplicita che lo raffigura proprio in quella prova, immagine che a suo tempo non avevo vista…
L’anno successivo, 1995, vi fu un altro confronto tra metrici a Santa Margherita, con alterne vicende e vittoria di Valentina (un Sangermani di progetto molto più recente) a precedere Arcangelo e Bau Bau.
In quell’occasione, Arcangelo si rese complice di un felice incontro.
Era presente all’evento Sarah Day Bratcher, una giovane e molto bella indossatrice americana, intenta a svolgere un servizio di moda e tra lei e Franco Ferrari, amico di mio figlio, di qualche anno maggiore, scoccò la scintilla.
La giovane, decisamente molto sportiva, partecipò in equipaggio a tutte le prove e la vicenda si concluse, poi, con un felice matrimonio.
Al successivo Trofeo Mariperman, Epoca e Classiche riunite, il 5.50 Grifone della M.M. ed Arcangelo furono visti fuori in partenza, pesantemente penalizzati e non bastò al nostro, la netta vittoria nella seconda prova.
Nel ’96 fu riproposto alla Spezia il Trofeo Alto Tirreno, questa volta organizzato dal Comitato tra i Circoli, ovviamente non paragonabile a quello dell’89, ma comunque assai valido e con 40 barche a far bella mostra ormeggiate al molo Italia, in piena città.
Arcangelo, timonato da Attilio Cozzani, vinse con autorità il suo gruppo.
L’anno successivo, ancora al Mariperman fu primo assoluto e di classe tra gli Epoca, giungendo secondo sia nel ’98 che nel ’99, preceduto dal 5.50 Grifone.
L’impossibilità, a far data dal ’95, di usufruire degli ormeggi L.N.I. al molo Mirabello ed il conseguente esodo nell’inospitale sito di Panigaglia, ove le condimeteo lo stressavano, il mio crescente impegno per il settore organizzativo a scapito di quello agonistico e ed infine la propensione di mio figlio per classi sempre più performanti, (Melges 24 e Melges 32) portarono ad un suo uso saltuario, prevalentemente per diporto, che si concluse anni dopo, con la rottura del motore.
Tornò ai Cantieri Beconcini, dove tante volte era stato rassettato e varato, in attesa di nostre decisioni che tardavano a venire e finalmente, mia moglie, rompendo gli indugi, trovò un acquirente che prometteva un lodevole riassetto e con la morte nel cuore lo vendemmo.
In seguito, venimmo a sapere, che l’architetto compratore, per sopravvenuti motivi personali, l’aveva a sua volta rivenduto.
Non se ne seppe nulla fino a quattro anni or sono, quando un amico mi disse d’averlo visto in un cantiere a Fiumaretta (foce del Magra) in pessime condizioni e non ebbi il coraggio di andarlo a vedere.
Lo pensavo destinato a morire, anche visto che chi lo deteneva, non si era peritato chiedere sue notizie ed informazioni a chi lo aveva posseduto ed amato per oltre trent’anni.
Nell’incipit mi sono detto felice ed insieme triste, alla notizia datami da Maccione.
Felice nella speranza che forse sarà salvato, come merita; triste per un atteggiamento che sembra ripetersi nell’attuale acquirente, aggravato dal fatto che, a quanto mi si dice, vorrebbe ridargli l’orribile nome di Carramba.
In un sogno ricorrente, immaginando di avere 50 anni in meno, lo riporterei senza esitare allo stato iniziale, con doppio pozzetto, ripristino del giusto peso in deriva, albero in legno e magari, un piccolo leggero motore elettrico, giusto per andare in banchina.
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