Le Grazie piange… [aggiornato]
Gli amici delle Grazie piangono due grandi perdite.
Ci uniamo al loro dolore riportando le parole di Corrado Ricci, che li ricorda così su La Nazione e sulla pagina facebook del Cantiere del Memoria.
Si è spento all’età di 79 anni Bruno D’Elia, uomo simbolo della simbiosi fra Marina Militare e comunità civile. Originario di Napoli, arrivò nel borgo da giovanissimo, per lanciarsi nella prima sfida della vita: entrare negli Incursori. Ci riuscì e divenne una figura cardine di Comsubin: capo del centro sportivo. Alle Grazie mise su famiglia. Vitalizzò il paese col suo impegno nella società sportiva Forza e Coraggio, da calciatore, allenatore, dirigente e animatore di memorabili eventi aggregativi. E’ stato uno scopritore di talenti, forgiando al calcio tanti ragazzi, alcuni divenuti delle star. Tante attestazioni di cordoglio in queste alla moglie Mariangela, ai figli Massimiliano e Silvia.
Aggiornamento: un bellissimo commento di Mario Alberto Vignali
Ciao Bruno,
da giovane, ormai molto ex e molto lontano, dirigente sportivo ho imparato molto da persone come te, ci siamo divertiti, è stata un’epoca speciale. Credo che in tanti possano dire lo stesso, giocatori o dirigenti della nostra Forza & Coraggio.Delle persone col tempo si ricordano poche caratteristiche particolari, pochi momenti, che però diventano cristallini come un diamante. Il tuo accento napoletano, quel modo di fare che garantiva leggerezza anche i momenti più complicati e quella serietà che arrivava subito dopo e che ti faceva capire che comunque non si stava scherzando.
Ogni tanto lo diciamo, e non vale per tutti, che Graziotti si nasce oppure lo si diventa per meriti sul campo, come se fosse una medaglia, un titolo d’onore. Tu questo titolo te lo sei conquistato più di una volta.Ciao e Grazie.
Cantiere del Memoria
Pietro Ricci ha lasciato questa terra. Ma i suoi attrezzi esposti nel Cantiere della Memoria continueranno a parlarci di lui, del suo amore per loro, della premura a trasmettere alle giovani generazioni i valori da essi incarnati: ingegno, dedizione, passione, culto della storia della marineria di tutti i tempi. Pietro, nei cantieri dell’Olivo di Porto Venere e delle Grazie, di barche ne ha costruite e restaurate tante: gozzi, pescherecci, piccoli yacht, in un rapporto simbiotico col legno. Al solo vedere il suo volto rugoso, le sue mani nodose e imperlate di piccole cicatrici, quel feeling emergeva – ed emerge – in tutta la sua forza viscerale e poetica, quasi che Pietro fosse un tutt’uno con il legno e gli attrezzi per lavorarlo.«Sono nato in mezzo ai trucioli e tra le vele di tela olona…» diceva orgoglioso delle radici saldamente ancorate alla storia di famiglia, fatta di maestri d’ascia, attrezzatori navali, naviganti e della loro arte di arrangiarsi. Che poi è anche l’ “arte” del Cantiere della Memoria: costruire momenti di cultura e aggregazione confidando nell’apporto delle persone di buona volontà, che rendono disponibili le loro conoscenze, il loro tempo, per il bene della comunità, soprattutto dei giovani. Anche in questo Pietro Ricci è stato un maestro. Pensiamo solo al Centro Hobby, dove, con i suoi insegnamenti e quelli dei vecchi maestri d’ascia con i quali aveva fatto squadra, decine di ragazzi hanno fatto conoscenza della storia marinara locale e dei i rudimenti del fai-da-te. Un’esperienza luminosa, quella. Che abbiamo già ricordato tre anni insieme a tanti ‘ragazzi’ di allora, grati a Pietro per gli insegnamenti ricevuti e che continuano ad essere riferimento per affrontare le sfide della vita.
Una missione, quella educativa, di cui non solo i ragazzi del paese e della città hanno beneficiato ma anche centinaia e centinaia di orfani di aviatori. Per loro, nelle vesti di istruttore, durante il servizio nella base dell’Aeronautica di Cadimare, è stato come un padre. Indossò la divisa azzurra dopo la guerra, ad epilogo della lotta partigiana nella quale, giovanissimo, assunse il ruolo di staffetta. Nell’aeronautica ha tesaurizzando la capacità di manipolare il legno maturata a tu per tu con gli avi: non solo per costruire le barche ma anche gli idrovolanti. Sì dalle sue mani hanno preso forma scafi e velivoli. Uno spettacolo vederlo lavorare. Una gioia ascoltarlo. Pietro Ricci era anche un bravo narratore, capace di far appassionare l’interlocutore di turno, dal ragazzino assetato di sapere al colto navigatore di lungo corso. I suoi racconti ci mancheranno. Ma molto sono impressi nei video che, inanellati da Sergio Natale, quando finirà l’emergenza covid, sarà bello rivedere al Cantiere della Memoria. La voglia di allestire li una mostra e’ pressante ma per ora non praticabile. Godiamoci allora un po’ di immagini, uniamoci in un pensiero: Grazie Pietro!
Aggiornamento: un bellissimo commento di Mario Alberto Vignali
Lavorare nel mondo dell’informazione vuol dire spesso sapere le cose prima degli altri e molte volte queste non sono buone notizie.
Non ho avuto il tempo di razionalizzare la perdita di un amico che già devo farmi partecipe del dolore per un’altra persona a cui tenevo e che poche ore fa è scomparsa.
Pietro Ricci, custode della memoria della tradizione locale dei maestri d’ascia, della cultura di chi sapeva trasformare il legno in oggetto d’arte più che in uno strumento di lavoro, ci ha lasciato. E con lui scompare un’altra figura che ha caratterizzato gli ultimi decenni del borgo delle Grazie.
I ragazzi della mia generazione lo hanno conosciuto nel laboratorio sotto le scuole elementari, in cui si andava ad imparare, anzi ad apprendere la conoscenza, dai più anziani.
Non credo si possano contare le persone che hanno visitato la sua collezione, una immensa raccolta di oggetti e di strumenti che raccontano la tradizione dei nostri cantieri e della cultura dei maestri d’ascia.
Pietro è stato un riferimento e un testimone importante della nostra comunità.
È stato un onore e un privilegio conoscerti e sentire le tue storie.
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