NAMIB… una storia da raccontare!
Parma, 3 giugno 2015 - articolo della ritrovata Signora della Prua alias Alessandra Gagnatelli
Un bel giorno il mio amico Davide Besana mi telefonò, e fu una conversazione lunga e complessa.
Drin drin
- Pronto?
- Ciao Gagna
- Ciao Besana
- Vuoi venire a fare qualche regata con Namib?
- Si!
- Va bene, ciao.
- Tante care cose, ciao. …
Namib non è una barca, è una storia da raccontare, una piccola magia. Costruita dai cantieri Sangermani nel 1966, fu scovata per caso nel 2010 da un avvocato di Parma, Pietro Bianchi, in condizioni pessime nel porto di Varazze. Pietro era alla ricerca di un barchino col quale andare a fare il bagno d’estate a Monterosso con la famiglia, e decise di comprare la barca – allora chiamata Antares III – di rimetterla un po’ a posto e riempirla di braccioli, salvagenti e papere gonfiabili. Però, mano a mano che la barca riprendeva la sua luce originale, fu chiaro che il suo destino era diverso.
Il caso volle che la barca fosse stata, negli anni 70, di proprietà della nonna di Davide Besana, e fosse proprio la barca sulla quale Davide fece i suoi primi bordi.
Pietro lesse un articolo sul Giornale Della Vela in cui Davide raccontava la storia del Sangermani, e dato che, che oltre ad avere gusto e occhio, è anche una persona sveglia e capace, scrisse immediatamente a Davide chiedendogli di incontrarlo.
Si incontrarono, e Pietro chiese ‘cosa ci faresti con questa barca?’ E Davide, senza esitazione rispose ‘le regate!’
E fu così che Davide Besana, imbarcato come timoniere e skipper, iniziò a condividere con Pietro Bianchi il percorso di Antares III, diventata nel frattempo Namib in virtù del legame affettivo di Pietro con quell’affascinante deserto, curando dettagli e particolari, consigliando Pietro e aiutandolo nelle scelte degli equipaggi, delle vele e dei materiali.
E fu così che Pietro Bianchi continuò a fare il bagno allo stabilimento balneare, ma nel 2014 portò a casa il Trofeo Panerai, il più importante titolo mondiale per barche classiche.
Io nel frattempo avevo un’idea del tutto personale delle barche d’epoca: mi sentivo un sacco Grace Kelly, tanto che mentre ci pensavo mi veniva anche la bocca a culo di gallina. Mi immaginavo dei giretti per il golfo a tre nodi col maglioncino di cachemire, con tanto di vassoi con prosecco e canapè con gamberetti.
Mi sbagliavo tantissimo.
La prima volta che sono salita su Namib per il primo allenamento mi sono accorta che a bordo c’era anche un Signore di Trieste Alto Biondo Con la Barba e immediatamente Grace Kelly si è trasformata in Sconsy. La bocca a culo di gallina è diventata a salvadanaio: ermeticamente chiusa. Non ho detto una parola per due giorni. Il Signore Con Barba (fortunatamente) ha detto poche parolacce, ha dato comandi secchi e veloci e sempre un po’ a sorpresa, ho ascoltato e mandato a memoria ogni singola sillaba, inclusi i vituperi all’indirizzo della nave mercantile che si è permessa di entrare nel varco di ponente mentre stavamo preparando la virata.
La cosa bella del Signore Con Barba (oltre al non del tutto trascurabile particolare di essere una leggenda vivente della vela mondiale) è che quando si fa la pausa pranzo la si fa con tutti i crismi, quindi ci si siede tutti insieme, si prendono i bicchieri e si stappano tante bottiglie. I pomeriggi sul Namib sono sempre pieni di ilarità.
Ho passato quei giorni sentendomi come un giocatore della Pergo Crema con Platini.
Riassumo quanto appreso.
1. Sulle barche classiche, tutto deve essere classico. Quindi, ad esempio, niente stopper. Ogni cima va su bittine e galloccine in legno, praticamente un rebus di cime, e questo non è del tutto semplice. Oltretutto il Pietro è anche un esteta, quindi tutte le cime del Namib sono beige. Tutte. Dello stesso beige (due beige diversi sarebbe un accostamento orrendo e ne convengo). Il 2 è anche drizzista perché tutte le drizze vanno fissate all’albero, quindi non essendo etico selezionare individui con tre/quattro mani, in pozzetto si rassegnano e portano pazienza.
2. Il tangone è anche lui classico, quindi è di legno massello e pesa 40 kg: praticamente una sequoia. L’equipaggio di una barca classica oltre che la patente nautica dovrebbe avere il porto d’armi e la patente C. In cima alla sequoia c’è una varea, solo che la varea classica non prevede il meccanismo di chiusura a scatto, quindi se sei sopravvissuto all’alto che viene mollato (tipicamente a cannone, visto che manca il winch) e la sequoia che si abbatte sul prodiere, è necessario dell’equilbrismo nel tenere aperta la varea e il tangone in posizione, mettendo a segno il nuovo braccio senza schiacciarsi i ditoni. Il livello di difficoltà in più consiste nel fatto che anche le scotte, come le drizze, sono tutte beige: all’improvviso si prova l’emozione di trovarsi immersi in un piatto di spaghetti al sugo di noci.
3. Le vele classiche sono in dacron, e sono grandi. Un fiocco di Namib pesa quanto quello dello Swan 45, e, non essendo il tuff luff una cosa classica, giustamente ha 30 garrocci a molla da agganciare allo strallo. Un’issata di fiocco di Namib equivale a una mezz’oretta di spinning, un cambio fiocco mi fa venire le sudarelle solo a scriverlo.
4. La falchetta è alta 10 cm. Una regata in falchetta ti assicura culo asciutto, ma rischio di trombosi venosa profonda.
5. Le cabine sono anche quelle molto classiche, inclusa quella di prua dove si ammaina. Si vede che le scorse generazioni erano un po’ più basse di quelle di adesso perché ho preso credo 34 craniate, e alla fine mi muovevo strisciando come un Vietcong.
Dopo gli allenamenti con il Signore Con Barba, è arrivato il momento di fare la regata, ed è arrivato un Signore Di Bari che sembra un po’ Dustin Hoffman ma molto più bello, con due lauree e bastevoli campagne di Coppa America. Quando me l’hanno presentato la mandibola mi è caduta al centro della terra e ho dovuto rimetterla in posizione con un paranco.
Il Signore Di Bari è molto bravo, molto calmo e non dice mai parolacce, ma mangia pisellini e beve spremuta, e non ci lascia più stappare le bottiglie. Noi siamo contenti del Signore Di Bari, ma un po’ ci dispiace rinunciare alle pause pranzo triestine.
La nostra prima regata insieme, il Trofeo Mariperman, è stata fantastica. Le barche vengono raggruppate in Vele d’Epoca (fino al 1950) e Vele Classiche (dopo il 1950), e il Trofeo Mariperman ha richiamato un nutrito drappello di queste meraviglie del mare.
Raramente le barche d’epoca fanno dei bastoni, di solito sono costiere. Questo significa un sacco di cambi vela e una discreta fatica. Le regate d’epoca si giocano sulla conduzione e sulla tattica più che su velocità e manovre, ma di fatto chi regata con barche d’epoca manovra comunque velocemente e bene, gli avversari sono aggressivi e agguerriti, e il rating di Namib non è buonissimo. Namib al Mariperman vola, il SDB sceglie bene e ci trasmette fiducia, Davide Besana timona bene, le manovre girano e chiudiamo primi la regata di sabato, battendo per solo un minuto e mezzo Chin Blu, con Fausto Bugliani alla tattica (ciao Guru!!). Domenica invece la vittoria è nettissima, 10 minuti di vantaggio in compensato su Chin Blu. La premiazione è suggestiva e ben organizzata, su Nave Maestrale, a Pietro viene consegnato il Trofeo Challenge messo in palio dall’Autorità Portuale della Spezia: un sestante del 1855, un cimelio dal valore inestimabile.
Nell’attesa della prossima regata con Namib (Trofeo Valdettaro, 4-6 Settembre 2015, non mancate!) volevo ringraziare i miei amici per questo viaggio meraviglioso a bordo di Namib.
Pietro Bianchi, perché è un armatore squisito, elegante, sorridente, educato, gentile. Ha capito il valore di Namib e di tutto quello che c’è dentro, al di la del legno e delle corde.
Davide Besana, perché senza di lui forse Namib sarebbe un’altra cosa, e io comunque non ci sarei mai salita. E poi cucina bene.
Il Signore Con Barba (Mauro Pelaschier) e il Signore Di Bari (Roberto Ferrarese) perché poter navigare con loro è stata per me una grande occasione.
Luca Chiarello, prodiere di Mauro, perché solo guardandolo ho imparato tantissimo sul mio ruolo, e perché mi ha fatto sempre sentire bravissima, anche mentre boccheggiavo al quarto peeling.
Alessandro Pozzi, Giovanni, Bernardo, Davide e tutti i cugini di Pietro per le risate e la gioia condivise, a bordo e a terra.
Attilio, Davide, Roberta e tutti quelli che hanno lavorato per il Trofeo Mariperman 2015, un evento interessante, gioioso e colorato (e secondo me molto meglio degli anni scorsi).
Un brindisi… hop hop hop, Namib!
.
.